Implantologia: la sopravvivenza implantare e la protesi

 

 

L’utilizzo degli impianti osteointegrati per sostituire le radici naturali e supportare le ricostruzioni protesiche più o meno complesse, è una tecnica di trattamento ormai routinaria nella pratica clinica. Essa costituisce una componente estremamente importante nella attività di ogni professionista.

 

 

Un’attenta valutazione e gestione dei tessuti duri e molli prima della terapia implantare sono cruciali per avere risultati predicibili, fermi restando la dovuta e profonda competenza in ambito biomeccanico riferita soprattutto alle connessioni implantarie alla meccanica della dissipazione delle forze masticatorie.

 

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Tra i punti fondamentali infatti per l’ottenimento di riabilitazioni implanto-protesiche di successo sono proprio l’approfondita conoscenza della biologia dei tessuti e della biomeccanica implantare.

Un’analisi dettagliata del progetto implantare e protesico contribuiscono non poco al mantenimento a lungo termine del risultato ottenuto.

E’ auspicabile che ad ogni atto chirurgico corrispondesse una fase di studio e di preparazione iniziale, ritenuta una delle fasi più importanti per il successo del trattamento programmato.

 

Le necessità del paziente nell’implantologia dentale: non solo cura ma anche estetica

Le aspettative dei pazienti implantari sono cambiate nel corso degli anni e l'estetica gioca attualmente un ruolo preponderante nel riconoscere quello che oggi viene definito “successo della riabilitazione”. Tra i molteplici fattori che influenzano l'esito della riabilitazione, i due principali sono le carenze ossee e dei tessuti molli nel sito previsto per l’inserimento dell'impianto. Molti approcci chirurgici sono stati descritti in termini di approcci e tempistiche per il posizionamento dell'impianto e la gestione delle procedure rigenerative.

Testori – Zucchelli e coll. in un lavoro del 2018 pubblicato in Periodontology 2000, indicano come la sopravvivenza implantare dipenda anche dal quantitativo oltre che della qualità dei tessuti molli perimplantari e che questa procedura possa essere gestita meglio se con una protesi aventi un design ridotto, indicato come finish line abutment.

 

 

L'attenzione quindi è passata dalla sopravvivenza dell'impianto alla creazione di un complesso restauro-impianto più naturale e “realistico”, focalizzandosi in particolar modo sui tessuti molli perimplantari per contribuire all’aspetto naturale mantenibile nel tempo.

Proprio in funzione di tale attenzione, nel corso degli anni sono stati introdotti ulteriori parametri come l'estetica per misurare il successo cosi come riportato in una revisione sistematica della letteratura condotta dal gruppo di P. Papaspyridakos, G.O. Gallucci della Harvard School of Dental Medicine, Department of Restorative Dentistry & Biomaterials Sciences.

Nell’ambito delle terapie implantari post-estrattive con impianto ritardato la conservazione dell'alveolo post estrattivo con l’uso di alcuni materiali che fungono da scaffold come l’osso bovino demineralizzato in combinazione con matrice di collagene,va proprio in tale direzione.

Il contributo fornito da questa modalità ha fornito cambiamenti in termini distabilità dimensionale della cresta alveolare associata a una buona riepitelizzazione dei tessuti molli appunto, durante un periodo di guarigione di 6 mesi, come ulteriormente riportato in un lavoro del 2017 di Maiorana e Testori.

 

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Per cortesia da Maiorana-Testori nell’omonimo articolo: J Periodontal Implant Sci. 2017 Aug;47(4):194-210

 

Per ciò che concerne i tessuti molli e la loro funzione anche di preservazione dell’osso perimplantare, l'uso di una matrice dermica suina può fornire un consistente aumento dei tessuti molli come riportato in un follow-up fino a 24 mesi, sebbene il restringimento dell'innesto possa verificarsi nei primi 6 mesi, a seconda della posizione dell'intervento, come riportato in un altro lavoro condotto dal gruppo di Fischer KR, Testori T, Wachtel H, Mühlemann S, Happe A, Del Fabbro M, pubblicato su Clin Implant Dent Relat Res.  del 2019.

 

Il posizionamento dell’impianto

Un altro aspetto da non trascurare è la procedura di posizionamento post-estrattiva immediata dell'impianto e contestuale istallazione del provvisorio soprattutto nei mascellari anteriori. Sono stati considerati un'opzione praticabile per sostituire i denti anteriori mascellari non funzionanti poiché ipotizzata anche come procedura che poteva preservare l'architettura verticale ossea e gengivale esistente.

Qui la letteratura è stata molto chiara nel riportare quanto sia quasi inevitabile una perdita di tessuti molli e duri, più o meno consistente dopo l'estrazione del dente, che si traduce spesso in un sito compromesso proprio per l'estetica dell'area anteriore.

Con l'aggiunta simultanea di innesti di tessuti molli e duri, è considerata una opzione possibile per mantenere pressoché inalterata la topografia orizzontale dei tessuti perimplantari, anche se meno predicibile per la componente ossea verticale.

Il successo estetico del posizionamento immediato dell'impianto e delle procedure provvisorie contestuali è influenzato da una serie di fattori che possono essere identificati come dipendenti dalle condizioni cliniche del paziente e dalle abilità mediche, come anche riportato in un lavoro del 2018 di Kan JYK, Rungcharassaeng K, Deflorian M, Weinstein T, Wang HL, Testori T. Periodontol 2000.

 

 

Fattori di rischio legati alla protesi dentale

Nell’ambito invece dell’approccio meramente operativo protesico esistono notevoli prove relative ai fattori di rischio più rilevanti da evitare, considerando che in questo ambito di solito operano più operatori, come il supporto dell’odontotecnico, e vengono usati un caleidoscopio di materiali e componentistica inclusi nella realizzazione del manufatto.

Il fattore “occlusal overload” in implanto-protesi è solo un esempio in quanto tuttora oggetto di dibattito e controversie.

La polemica persiste anche sul ruolo che giocherebbe il sovraccarico occlusale nella perimplantite, oltre alle complicanze meccaniche.

Gli studi su animali in questa direzione non hanno rivelato una soglia biologica sufficiente da sviluppare un’infiammazione nell'osso perimplantare (perimplantite). D'altra parte, gli studi clinici hanno dimostrato un legame tra parafunzione e fallimento dell'impianto senza però avere prove schiaccianti a tal riguardo, in quanto variabili quali l’intensità e frequenza dei carichi, nonché la densità ossea, abbiano portato a risultati diversi; l’unica cosa su cui tutti gli autori sono d’accordo è il fattore “infezione batterica” nello sviluppo della perimplantite, anche se non su tutti i pazienti, e non su tutti gli impianti nella stessa bocca.

Ad esempio in alcuni studi sono stati evitati rapporti corona clinica-impianto più elevati (2-3: 1), protesi a sbalzo d’impianto e progetti di restauro non splintati, a causa del notevole sbilanciamento occlusale o sovraccarico protesico.

L'assenza infatti di specifici "standard di costruzione" ha relegato la pianificazione della progettazione implanto-protesica a linee guida intuitive e poco standard. Questo risuona come un appello per la ricerca preclinica per stabilire soglie di “sensibilità” al carico per il singolo paziente e al fine di stabilire un piano di trattamento personalizzato.

L'alto tasso di sopravvivenza dell'impianto ha appannato in realtà l'importanza di esaminare a fondo il motivo per cui alcuni impianti falliscono. E’ stato tuttavia rassicurante notare in una revisione del 2019 di Sadowsky SJ pubblicata su Int J Implant Dent.  dal titolo Occlusal overload with dental implants: a review, come il 20% di tutti i pazienti trattati con impianti hanno sperimentano la perimplantite, mentre l'impatto del sovraccarico occlusale rimane tutt’ora sconosciuto sul contributo alla perdita dell’impianto.

 

Innovazione tecnologica, un aiuto concreto per odontoiatri ed odontotecnici

In termini di pianificazione, appunto, l’innovation technology in Digital Dentistry ha introdotto tools operativi innovativi e programmi di pianificazione apportando un notevole supporto nell’analisi e comunicazione tra odontoiatra-paziente-odontotecnico, soprattutto per i casi full arch; la triade operativa fondante per un buon risultato di questi casi.

 

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Da Sadowsky et al. 2019

 

L’apporto notevole del Digitale in odontoiatria è stato confermato da numerosi autori e ricerche condotte ad appurare il reale impatto di tale innovazione, nell’intento di eliminare una serie di variabili “operatore dipendente”.

Un gruppo di ricercatori della Straumann in una ricerca  del 2019 dal titoloImage analysis of immediate full-arch prosthetic rehabilitations guided by a digital workflow: assessment of the discrepancy between planning and execution, pubblicata sull’Int J Implant Dent. ha confermato che il flusso di lavoro digitale in odontoiatria ha consentito con successo l'immediata riabilitazione ad arco completo con un risultato predicibile da diversi chirurghi in più centri. Ciò conferma la necessità di procedure e tools standardizzabili e altamente qualitative per alzare il livello del tasso di successo in implanto-protesi.

Leggi l’articolo scritto dal Dr. Piero Simeone in collaborazione con il Prof. Tiziano Testori sulle “Nuove modalità per valutare il livello della cresta ossea nell’implantologia dentale”.